Intervista a Francesco Muzzopappa

Muzzopappa

Ho letto tutti i libro di Francesco Muzzopappa e ho pure ascoltato il suo podcast: un appuntamento che è sempre occasione per sorridere e riflettere.

In  “Sarò breve” per Fazi Editore, il protagonista è Ennio Rovere, imprenditore che ha saputo creare e ricreare un’azienda dal nulla, scrive il suo testamento che è un epistolario nel quale si rivolge a tutte le persone della sua vita, togliendosi tanti sassolini e sassoloni dalle scarpe.
I suoi lasciti, accompagnati da sapienti consigli, sono un modo per riflettere e far riflettere i destinatari sul loro modo di vivere la vita e le relazioni; del resto Ennio lascia qualcosa quasi a tutti, dalla moglie, alla figlia, al cane, all’autista…

Francesco è sempre disponibile alle mie interviste, rapido, preciso, e breve al punto punto nelle sue risposte!

Ennio Rovere, il protagonista dell’ultimo libro, ha scritto un testamento nel quale si toglie qualche sassolino dalla scarpa. Come ti è venuta questa idea? Nel senso che hai prima avuto l’idea dei sassolini o l’idea di un uomo che lascia un testamento, peraltro piuttosto strano? Ci sono persone che riescono a regolare fino in fondo i conti con la gente che gli sta intorno quando sono ancora in vita. Altre, per forza di cose, devono trovare un altro escamotage. Ennio ha vissuto anni intensi e ricchi di incontri. Il testamento era un ottimo sistema per “distribuire e togliere”, raccontando nel frattempo ogni suo incontro.

In quale personaggio c’è più di te?  Sicuramente Ennio, per i suoi inizi, per la forza e la voglia di scommettere su se stesso e sulle proprie capacità. E, certo, per lo spostamento al nord.

Come il tuo lavoro di copywriter ti aiuta ad essere così incisivo nella scrittura? La pubblicità insegna ad attirare l’attenzione della gente. Non è mai scontato che un lettore o una lettrice ti stiano a leggere per tutte le 180 pagine di un libro. Ecco, io mi sforzo a ogni riga di mettermi nei loro panni e a lavorare sodo per tenere i loro occhi incollati alla pagina. Non sempre ci riesco, ma faccio di tutto per riuscirci.

E in generale come avviene il tuo processo di scrittura? Scrivo ogni giorno, almeno 4 ore al giorno, almeno 12mila caratteri al giorno. Nei miei libri (e, più in generale, nei libri umoristici) è fondamentale il ritmo. Scrivo in eccesso per poi eliminare circa due terzi del lavoro e consegnare un testo privo di fronzoli, tempi morti, descrizioni inutili.

Quando hai qualche idea, spunto, scrivi sul telefono, usi la carta, come fissi le prime idee? Ho diversi file nei quali distribuisco le idee. Quelle che arrivano prima a “maturazione” vengono poi stese in una scaletta più o meno approfondita e parte il lavoro di scrittura.

Il tuo umorismo ha un profumo inglese, hai un riferimento, un esempio, un autore che ti piace particolarmente? Leggo prevalentemente narrativa umoristica straniera, semplicemente perché all’estero se ne produce tanta e si ha l’imbarazzo della scelta. A volte leggo direttamente in lingua, avendo la fortuna di conoscere bene inglese e spagnolo. Normalmente amo gli autori e le autrici che lavorano con un umorismo britannico (ricco di sottintesi) o di stampo ebraico (il più feroce, che amo parecchio).

A chi fai leggere la prima bozza dei tuoi libri? Alla mia compagna. Con terrore e rassegnazione.

Veniamo ora al cibo. Carmen ti ha portata verso i suoi lidi culinari o predomina il tuo animo barese? Io mi sento cittadino del mondo. Ma essendo nato a Bari sono anzitutto cittadino pugliese. E le radici certe volte sopravvivono persino all’albero.

Vacanze alle porte, cosa ti aspetti da queste vacanze? Riposo. Come tutti. Sperando che nessuno scherzi con i fiammiferi. Di questi tempi non ce n’è proprio bisogno.

Una domanda che non ti hanno mai fatto ma alla quale, invece, vorresti poter rispondere. Sono molto introverso. Meno domande mi fanno, meglio è.

Ecco allora direi che questa potrebbe essere l’ultima domanda!

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