E se fosse una amnesia?

Come forse sai da circa un paio d’anni collaboro con Criticaletteraria. Un sito, un profilo IG e FB nel quale, con grande professionalità, scrivono giovani e soprattutto appassionati recensori. Io non sono più così giovane, non sono esperta di linguistica e critica letteraria come mogli redattori, ma sono appassionata!

Nel team ho avuto modo di conoscere splendide persone. E non lo dico per retorica! Tutti i redattori sono persone che credono nella letteratura, nella condivisione, nel poter dei libri e soprattutto, leggono sempre tutti e tutto il libro del quale parlano. Eh sembra banale, ma ti assicuro che non è un aspetto così ovvio.

Una di queste redattrici è Giulia Pretta, la puoi seguire anche sul suo profilo IG books_details. E’ una ragazza solare, con due occhioni grandi che ti mettono allegria. Ecco Giulia ha pubblicato il suo primo libro “L’ultima pagina” per Ciesse Edizioni.

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“Se dei postumi di una sbronza di trattava, Mark non ricordava di averne mai avuti di peggiori”. (p.9). E se, invece, non si fosse trattato di una sbronza, ma di una amnesia?

Mark Holden vive a Londra, è uno scrittore di thriller che vorrebbe diventare uno sceneggiatore teatrale. A seguito di uno scippo perde la sua borsa con l’agenda e si ritrova in ospedale. Il decorso sembra tutto normale così come la sua vita, senza novità, salvo l’incontro con una nuova vicina di casa di nome Judy che, stranamente, sembra conoscere i suoi gusti e capirlo molto bene. Quando Judy gli regala una nuova borsa, identica alla sua, Mark comincia ad avere strane sensazioni, come dei déjà vu, frammenti e dubbi sulla sua vita e anche sulla sua identità.

Un libro fresco, che porta una ventata di spensieratezza e che fa spesso anche sorridere. Non c’è solo l’amore, la complicità, il desiderio, ma si trovano spunti sul concetto di amicizia, di sincerità e di trasparenza nei rapporti di ogni tipo. I dialoghi, ben costruiti, accompagnano il lettore, lo tengono ben ancorato alle pagine e lo spingono a seguire l’avvicendarsi delle situazioni.

Tra i personaggi secondari, molto ben strutturata è, a mio avviso, la classica vicina di casa curiosa, che non sa, all’apparenza, tenere un segreto ma che, contrariamente a quanto ci si possa aspettare, dimostra sensibilità, rispetto e savoir-fair. Sugli altri protagonisti….meglio leggere il libro, difficile raccontarli senza spoilerare la storia che, pur in assenza di colpi di scena particolari, risulta ben delineata e in grado di colpire l’attenzione del lettore fino alla svolta finale.

Ma dopo aver parlato del libro, non poteva mancare una mia intervista!

Hai una laurea in Archeologia, la scrittura è solo una passione? Come è nata? Tutti da bambini dicono di voler fare l’archeologo: io ho studiato, ho lavorato un po’ nel campo e adesso non posso più fregiarmi del titolo perché è davvero un sacco di tempo che non giro nell’ambiente. Continuo a lavorare nel settore museale, ma non più nella ricerca sul campo.

Pensa che avevo un professore di storia greca che diceva, con grossi sospiri pazienti, di non avere nulla contro gli archeologi, lui aveva tanti amici che avevano scelto quella strada. Alcuni anche con buoni risultati come Valerio… Massimo Manfredi. Il connubio archeologia-romanzi potrebbe venire da lì.

All’inizio e per lunghi anni è stata solo una passione, poi ho deciso di strutturarmi un po’ meglio. Ho frequentato un corso di scrittura creativa, l’anno successivo uno per editor e la scrittura è diventata una mia attività collaterale visto che collaboro con una piccola casa editrice come editor. Scrivere è attività artistica e artigianale che necessita di studio e formazione: ne sono sempre stata convinta e continuo a pensarlo. Poi mi è sempre piaciuto vedere come funzionano le cose e poter “smontare” un romanzo e poi rimontarlo è davvero entusiasmante.

 

Ci racconti come sei arrivata alla pubblicazione del tuo libro “L’ultima pagina”? Una serie di fortunati eventi. L’anno scorso ho partecipato con il mio micro blog a un festival che teniamo qui a Padova. Nelle giornate di manifestazione ne era prevista una dedicata alla letteratura e sono andata a fare un po’ di reportage. Il mio contatto nel festival mi ha presentato un editor della casa editrice e parlando si è offerto di leggerlo e di proporlo per la pubblicazione se gli fosse piaciuto. Anche se (penso io) la storia romantica non era proprio il suo genere mi ha supportato e si è sobbarcato l’editing.

Quando hai iniziato a scrivere avevi già in mente tutta la storia oppure i fatti sono nati man mano? Sono una che legge le trame degli episodi di Game of Thrones prima di guardarli perché le sorprese non sono proprio la mia passione, quindi avevo già tutto in testa. Non è una storia con grossi nodi o intrecci complicati quindi mi è riuscito anche facile, ma avevo ben presente sia la trama principale che quella del romanzo che Mark sta scrivendo quando inizia la storia. Anche Mr. Harris aveva già il suo destino segnato.

Solo che quando ho finito la prima stesura, in prima persona e al presente, ho iniziato a frequentare il corso di scrittura creativa dove il consiglio, dispensato con grande delicatezza ma che qui riassumo nel suo succo, è stato: no, guarda, rifallo in terza e al passato remoto, dai. Ho continuato a trovare verbi e possessivi in prima fino all’ultimo giro di editing.

C’è qualcuno che ti ha ispirato i personaggi del libro? Persone reali, no, anche se, come penso sia normale, qualche dettaglio di persone che conosci o hai conosciuto sono scivolati nel mezzo. Sono, e lo dico con piena consapevolezza, delle dramatis personae. Detto in latino suona meglio di “personaggi un po’ stereotipati”. C’è lo scrittore in crisi, la vicina impicciona, l’amico bello e ricco, la ragazza della porta accanto, il capo miope e limitante. Però hanno tutti qualcosa che smussa il bidimensionale del genere e allora la ragazza della porta accanto in realtà ha uno scopo nascosto, la vicina impicciona sa benissimo come mantenere un segreto, l’amico bello e ricco è insicuro del suo ruolo. Poi me li figuro sempre come attori delle commedie anni Novanta quindi i tratti di Hugh Grant pensando a Mark saltano fuori.

A quale personaggio sei più affezionata? Al gatto Watson che fa il gatto, cammina sulla tastiera e rischia anche di mandare a monte gli incontri romantici perché Judy è allergica. No, scherzo, sono un po’ infatuata di Thomas che nella mia testa assomiglia a Hugh Jackman com’era nel film “Australia”(soprattutto in smoking). Sembra tanto scanzonato, ma ha l’eredità di famiglia da portare avanti e non sa se ne è capace. Anche Mark ammette che qualche tratto del suo eroe, Mr Harris, l’ha preso da Thomas quindi tutti gli scrittori de “L’ultima pagina” hanno un debole per Thomas Payne.

La storia è ambientata a Londra, ti piace molto questa città? Sai che Londra invece non mi piace per nulla? O meglio, non sono un’amante delle grandi città popolose. Londra però come ambientazione è perfetta per due ordini di motivi. Il primo, è che le storie romantiche urbane trovano il loro habitat in città canoniche quali Londra, New York, Parigi e Milano. Il secondo motivo – che si ricollega al primo – è che sono cresciuta, negli anni Novanta, con le commedie stile “Notting Hill”. Non potevo resistere al fascino della capitale britannica. Diciamo che Londra qui è più uno sfondo ideale sul quale far muovere la storia: infatti per la copertina si è scelta un’illustrazione dei monumenti iconici della città e non una foto reale.

Mark scrive sempre to do list (come me), anche tu sei un’ amante delle liste? Non solo sono un’amante delle liste, ma ho anche diversi quaderni su cui scrivere le diverse cose da fare. Ho il quaderno per i libri da leggere, quello con le liste di articoli da scrivere, quello per programmare i post su Instagram, il quaderno con le ricette di dolci ancora da fare, il taccuino con i fogli staccabili per la lista della spesa… A volte poi cedo e le scrivo sulle note del telefono, ma la soddisfazione di poter fare la spunta o tirare una riga di penna sulle cose fatte è immensa. Ora che lo dico mi rendo conto che non sembro molto normale. Ah sì, e le scadenze di lavoro le scrivo sul fido calendario cartaceo così vedo le date circolettate avvicinarsi e inizio la lotta per consegnare tutto in tempo. Se venissi scippata come è successo a Mark perderei al massimo una lista, non giro mai con tutti i quaderni in borsa.

Intervista e recensione anche su www.criticaletteraria.org

 

2 commenti su “E se fosse una amnesia?”

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