Intervista a Fabio Bacà autore di Benevolenza Cosmica

Durante il Book Pride a Milano, ho assistito alla presentazione del libro “Benevolenza cosmica” di Fabio Bacà, un autore esordiente che ha pubblicato per Adelphi.

Ho letto il libro dopo qualche settimana e sono rimasta subito colpita dallo stile dell’autore: ricercato, aulico, quasi cesellato. E la domanda che viene posta al lettore: “Cosa può accadere nella vita di una persona che si trova a fronteggiare una fortuna continua e insolita” è stata una ulteriore fonte di invito alla lettura.

Fabio Bacà durante la presentazione non era molto a suo agio, quasi catapultato in un mondo sconosciuto. Tuttavia ha saputo destreggiarsi pur con centinaia di occhi puntati addosso.

E, come sai, è proprio l’aspetto umano delle persone che mi intriga di più e così ho preso il coraggio e gli ho scritto chiedendogli se fosse disposto a farsi intervistare….alla mia maniera.

Fabio è stato disponibile, mi ha dedicato tantissimo tempo e si è dimostrato vero e autentico, una gran bella persona!

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Ho partecipato alla presentazione del tuo libro durante il Book Pride a Milano. In quel contesto avevi detto che non eri mai stato a Londra, e ora, a distanza di mesi, ci sei stato? Non ci sono ancora stato! Mi ero ripromesso di andarci, avevo anche ipotizzato di visitarla questa estate con la mia compagna, ma poi abbiamo ripiegato per il Salento. Andare a Londra vuol dire girare e viverla…l’annata intesta ci ha portato a scegliere il relax. Chissà magari nel periodo di Natale!

Come è nata “Benevolenza Cosmica”, avevi già in mente tutto o la storia si è sviluppata man mano? La storia ha cominciato ad affacciarsi nella testa in un periodo difficile, tra il  2014 e il 2015, avevo perso il lavoro e ho avuto problemi di salute.

In linea di principio io tendo a programmare e così, all’inizio, ho cercato di dare uno sviluppo preventivo alla storia, ma poi ho capito che non funzionava. Così ho lasciato che gli sviluppi venissero man mano, del resto il bello dello scrivere è che non abbandoni mai la scrittura:  esci, vivi ma la storia ti rigira in testa, è una presenza costante.

Opera prima e pubblicata da Adelphi, come ci sei riuscito? Dal punto di vista privilegiato dell’ignaro. Mi sono trovato un’ agente molto competente e preparato e mi sono fidato e affidato a lei. Il merito, quindi, è anche in parte suo, mi ha però detto che Adelphi è stata la prima proposta ed è stata  subito accettata. Ovviamente ne sono orgoglioso!

Ora senti un po’ di pressione dopo questo esordio? A dire il vero non so esattamente se questa pressione l’avverto o meno e come l’avverto. Direi che in questo momento è blanda; sto finendo la prima stesura di un nuovo romanzo ed, essendo io perfezionista, penso che non sarò pronto per dare all’agente nulla per almeno altri 12 – 18 mesi.  Credo che la tensione aumenterà strada facendo, ma aggiungo che con quel minimo di saggezza dei 47 anni, credo di poter arrivare ad una sorta di accettazione di me stesso e dei miei limiti.

Intendo dire che non posso scrivere in modo diverso, non posso essere uguale ai miei miti, non si può fingere per molto ed essere diversi da se stessi. Quindi, preferisco essere quello che sono e spero di produrre qualcosa di bello e di significativo che piaccia a me per primo, e sia appassionante e divertente per chi vorrà leggermi.

Almeno inizialmente Kurt si sente una vittima, ci sono aspetti che, in questo senso, di accomunano a lui? Io ho passato tanti periodi sentendomi abbastanza vittima della circostanze (e talvolta anche delle donne) e ho, inoltre, una certa tendenza alla lamentazione. Infatti nel periodo propedeutico allo spunto iniziale di Benevolenza , mi ero sentito colpito dalla sorte in modo non molto positivo. Poi però ho rivalutato quel periodo, perché mi è servito a scrivere il romanzo che amo e poi mi sono pure reso conto che sentirsi vittima è un ottimo modo di deresponsabilizzarsi. Diciamo che non sono sicuro di poter sottoscrivere la teoria che tutto quello che accade è colpa nostra, ma una buona parte sì.

Cosa è per te la felicità? E il destino? Elena mi sembra un pò una domanda cosmica, ma ci provo! So cosa è per me la felicità nel senso che è fatta di piccole cose, sono una persona normalissima che si accontenta di cose semplici: una cena con amici, una bella serata, una buon lettura. So anche che il pubblico mi fa paura e quindi temo le presentazioni!La felicità per me è legata anche  al benessere fisico e spirituale mio e delle persone che amo e  che mi stanno intorno.  E poi un elemento importante è  il lavoro, io devo sempre avere un progetto, per avere il pensiero su quella attività.

Quanto al destino non è un concetto ben delineato in me, non credo ad un destino come strada scritta.  La mia è una visione fortemente agnostica, quindi io credo nell’impronta umana sulla capacità di generare eventi positivi o negativi. C’è una una percentuale di sorte, c’è il caso più che il destino.  In questo mi sento un umanista, come  uno dei miei miti: Erasmo da Rotterdam.

Kurt si pone la domanda “Chi sono io?” e Fabio Bacà chi è? Direi che la risposta si può articolare su due livelli. Il primo è Fabio: la  persona normale  che va al  cinema che ama la musica e leggere.

Il secondo è Fabio  che, come fa  Kurt, si pone domande più esistenziali con una serie di sottesi, quindi non solo chi sono, ma esiste una divinità, cosa mi prospetta il futuro?

Più nello specifico posso dire di non aver ancora capito esattamente chi sono, talvolta perso che  un percorso psicoanalitico potrebbe farmi capire meglio le relazioni con alcune pulsioni, con gli istinti, con la parte più inconscia. Di certo ho il privilegio di poter rispondere a questo tipo di domande grazie alla scrittura.

Kurt lavora con i numeri, tu che rapporto hai con la matematica? Un rapporto di odio e amore, ecco perché ho scelto un protagonista che lavora nella statistica. Ho una inclinazione per gli aspetti pittoreschi dei numeri, meno per il versante dei calcoli e procedimenti matematici. Però, ogni tanto, mi capita di leggere qualche cosa legato alla matematica. Forse sono poco dotato per questi aspetti  e così mi si genera una strana fascinazione e mi chiedo perché non ho inclinazione per queste cose e cerco di studiare  va a finire però che poi mi annoio.

Molti sono i romanzi alla base del tuo libro, quali un lettore dovrebbe imprescindibilmente leggere? Io amo Don De Lillo e in particolare  “Rumore bianco”,  mi piace Martis Amis ne “La zona di interesse” e David Foster Wallece più il saggista che che il romanziere. E poi Carrère e ovviamente Kurt Vonnegut. Ah dimenticavo “Il nome della rosa” penso sia il romanzo più bello mai scritto!

Tutti i personaggi sono unici e talvolta un pochino surreali, quale senti più vicino e con quale hai avuto più difficoltà? Parto dal presupposto che io vorrei parlare il meno possibile del mio libro e di personaggi, questo sempre anche durante le presentazioni! Mi piace pensare che sia il lettore ad interpretare quello che ho scritto. Posso però dire che i personaggi hanno a che fare con l’estrema difficoltà di questo mondo di vivere in un contesto con pochi punti di riferimento.

Il mio preferito è un personaggio minore ovvero il professor Lack, parola che significa mancanza e suona come fortuna, quasi per evidenziare una sorta di strana dissonanza tra una fortuna che è anche una mancanza. Lack è l’  insegnante di filosofia a cui Kurt si rivolge. Ho notato però che il riferimento divertente in questa parte del libro, ovvero il capitolo 9, non viene quasi mai colto. Così come nessuno ha fatto caso al fatto che i due anziani danno a Kurt due consigli opposti, io l’ho fatto  per voler esprimere che non c’è un punto di riferimento perché persino due persone anziane la pensano diversamente.

Domanda di rito finale: nuovi progetti?  Come dicevamo prima sono alla fine della prima stesura di un nuovo romanzo, ma mi tengo stretto il mio primo lavoro!

PS: Fabio parla in modo sempre perfetto, come un libro….ascoltarlo è stato come sentire una soave melodia!

2 commenti su “Intervista a Fabio Bacà autore di Benevolenza Cosmica”

  1. Bacà dice una sciocchezza quando afferma “Dal punto di vista privilegiato dell’ignaro”. Diciamo che ha trovato l’agente letterario giusto con un testo che l’ha convinto. Quindi altroché ignaro. Ben consapevole nel giocare le sue carte.
    Per il resto tu sei bravissima nel porre le domande giuste.

    1. Grazie per i tuoi complimenti. Fabio diceva dell’ignaro nel senso che, essendo un esordiente, è nuovo nel mercato editoriale. Quanto all’agente concordo e anche lui lo sa e lo ha ammesso. Io poi credo che, come in tutte le cose, anche fortuna giochi il suo ruolo.
      Un abbraccio

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