Le risposte di Catherine Lacey

Io e Catherine Lacey, con la mia Glee. Forse perché anche Catherine ha un cane, Glee non smetteva di starle vicina e di annusarla!

Dopo la lettura del suo ultimo libro “Le Risposte” edizioni sur avevo molte domande e curiosità. Ho incontrato Catherine a Vigevano e abbiamo fatto una bella chiacchierata.

L’esperimento del quale racconti nel libro in un contesto italiano sembra totalmente assurdo, nel mondo americano lo è, oppure c’è una parte di vero? Sono contenta che sia percepito come assurdo, è quello che volevo, la mia intenzione era di scrivere una storia che fosse una fiction, una drammatizzazione della vita di tutti i giorni. L’idea del libro è nata da una serie di domande sulle relazioni, soprattutto sentimentali, e da lì, per dare stimoli di risposta, ho creato l’idea dell’Esperimento Fidanzata.

Soprattutto nella prima parte emergono problemi della protagonista verso le proprie origini. Quanto c’è di autobiografico? Innazitutto la mia provenienza geografica mi ha formata: io vengo dal Sud del Stati Uniti, una zona molto conservatrice. Non c’è nulla di strettamente autobiografico, ma ho assorbito quello che vedevo intorno a me. Le donne non sempre sono talmente libere e questo fa nascere molti problemi con la famiglia di origine, che talvolta, tarpa le ali allo sviluppo, alla vita, alla libertà del singolo.

Il tema dell’identità è una costante nei tuoi libri. Come mai questo tema ti é cosi caro? Sono da sempre interessata al tema dell’identità come creazione di se stessi. Non saprei dare una risposta razionale, ma so che farmi domande sull’identità, sul proprio io, mi spinge poi ad avere idee per scrivere.

Nei tuoi due libri lo stile è totalmente diverso, quasi come se gli autori fossero due; è una scelta voluta? Se sì, perché? Questa osservazione è molto azzeccata e mi piace che tu l’abbia notato. Nel primo libro la protagonista voleva provare a vivere senza l’aiuto di nessuno, voleva stare totalmente sola e questo ha influenzato il modo di parlare del personaggio e tutte le domande che direttamente o indirettamente si era posta. Nel secondo libro, ho iniziato in prima persona perché doveva essere l’anima della protagonista a parlare, poi si è reso necessario passare alla terza perché Mary non poteva più essere obiettiva, solo una scrittura in terza avrebbe consentito di raccontare in modo “esterno”. Inoltre lei era ignara di quello che le sarebbe successo, quindi la prima persona per me non sarebbe stata adatta. Il linguaggio, in tutto il libro, è differente dal primo perché la protagonista qui è molto metodica, precisa, quindi ho utilizzato parole che potessero trasmettere questo suo modo di essere.

Cercare in se stessi la chiave di vita è, a mio avviso, il messaggio principale del libro. Sei d’accordo? Sì, totalmente. Ogni personaggio cerca di rispondere a questa domanda, analizzando la sua vita, ma non c’è una risposta “oggettiva”. L’importante è sempre interrogarsi e lo scopo del romanzo è appunto questo. Nel libro, infatti, non si trovano risposte, ma solo domande.

Quindi l’incertezza come chiave della felicità è il risultato della realtà contemporanea o, credi, sia sempre stato così? Credo che sia sempre stato vero, la gente vive tra paradossi e contraddizioni. Le incertezze sono così tante che tutto può cambiare molto velocemente e se lottiamo contro ciò diventiamo infelici. Quindi, meglio non pensarci e vivere sereni nell’incertezza.

Se non fossi diventata, una scrittrice cosa avesti fatto? Io non ho fatto altro che scrivere e se avessi fatto qualsiasi lavoro, giornalista forse, ma anche cuoca, avrei dedicato una parte importante della mia vita alla scrittura.

Hai già qualche idea per un nuovo libro? Io penso sempre a un nuovo libro, ma non ho ancora nulla di organizzato, al momento. Ci sarà sempre il concetto d’identità, di qualcuno che riflette su se stesso, ma non so ancora se sarà un uomo o una donna.

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Sottolineando:

– Un libro per chi si pone tante domande, sulla vita, sull’amore e sulle incertezze della vita.

– Il messaggio per me più importante del libro è quello ci cercare sempre e comunque la chiave di vita in se stessi

– Catherine Lacey possiede il “fuoco della scrittura”, vive pensando sempre a qualche personaggio per il suoi libri, ha uno sguardo sulle storie reali o immaginarie che ognuno di noi possiede.

Intervista pubblicata su CriticaLetteraria

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