Rosa Teruzzi: non solo Quarto Grado

Rosa Teruzzi, un aperitivo insieme chiacchierando di libri e non solo.

E anche questa volta Glee si è presa un sacco di coccole.

La sposa scomparsa

La fioraia del Giambellino

Non si uccide per amore

Questo sono gli ultimi tre libri di Rosa ed. Sonzogno

Quando è nata la tua passione per la scrittura? Da quando ho ricordi, ho sempre scritto. Circola ancora per casa un imbarazzante libretto con la copertina viola nel quale mia madre aveva raccolto le mie poesie infantili. In seconda media, ho addirittura scritto un racconto lungo sulle avventure di un’eccentrica famiglia brianzola che parte per le ferie dimenticandosi a casa la nonna e l’ombrellone. Ho sempre scritto, ma non mi sono mai sentita all’altezza di pubblicare fino a quando, a quarant’anni suonati, mi sono iscritta a una scuola di scrittura

Che ruolo ha Milano nelle tue storie? Milano non è la quinta su cui agiscono i miei personaggi, è a tutti gli effetti un personaggio dei miei libri. E’ una città bellissima e poetica, che vive soprattutto nelle periferie, quelle cantate da Gaber e Iannacci e raccontate nei romanzi di Scerbanenco. Non ho mai amato il lato più modaiolo della mia città, anche se so che esiste. Come scrittrice, non mi affascina la Milano degli aperitivi e della sfilate, dei party a base di cocaina e degli intrighi dell’alta finanza. La lascio ad altri, più bravi di me a raccontarla.

Quanto il tuo lavoro influisce sul tuo modo di scrivere? Ho 53 anni e da 35 faccio la cronista, prima per la carta stampata, poi in televisione. Il giornalismo è parte integrante della mia vita ed è stato prezioso per me, perché mi ha messo in contatto con mondi che altrimenti non avrei conosciuto e mi ha permesso di incontrare persone le cui storie hanno arricchito il mio bagaglio di donna, prima che di scrittrice. Certo, la scrittura giornalistica e quella letteraria sono differenti, perché la prima impone un rigore sui fatti e sulle fonti che probabilmente sarebbe nemico della seconda. Per questo, tengo i miei due mondi rigidamente separati. Durante l’anno, lavoro. D’estate, in ferie, scrivo i miei romanzi e quello è il mio angolo di totale libertà creativa.

Cagnaccio e la Smilza sono ispirati a qualche collega? Se no, da dove hai tratto spunto per crearli? Cagnaccio, il capocronista del giornale(La Città) che racconto nei miei romanzi e la Smilza, la sua cronista preferita, sono personaggi di fantasia, come tutti quelli dei miei romanzi. Non nego, però, di aver incontrato, nella mia esperienza di giovane giornalista, capi burberi al limite dello sgarbato come il Dog e con il suo stesso fiuto per la notizia. Irene la Smilza, invece, è un personaggio a cui sono molto affezionata. E’ la protagonista della mia prima serie di gialli, una ragazza con un dono segreto, una forma speciale di empatia che la mette a contatto con il cuore delle persone, al di là della maschera che indossano per convenzione sociale.

Quale delle tue protagoniste è più vicina a te? A tutte ho regalato qualcosa di mio. Irene ha la mia esperienza di giornalista, Vittoria, la mia durezza e il mio essere “quadrata”. Libera, la più vicina a me per età, è romantica e goffa come sono io e come me ama i fiori e i libri. Solo Iole è completamente diversa da me. Assomiglia alla donna che sogno di diventare verso i 70 anni. Una donna anticonformista, ironica e irriverente, che guarda alle cose del mondo con leggerezza.

Ci racconti il tuo processo creativo? Di solito l’idea per un romanzo matura in me durante l’anno, la mattina mentre corro o nei viaggi in treno. Ma scrivo solo d’estate, nello studio del casello ferroviario che mio marito Paolo ha ristrutturato sul lago di Como e che è il mio angolo creativo. Non seguo uno schema precostituito, all’inizio ho solo un’idea di incipit e di chiusura e poi lascio interagire i miei personaggi. Scrivo in modo compulsivo perché ho paura di perdere il filo della storia, poi riscrivo ogni minuto libero, fino alla consegna.

Scrivi sempre nel tuo “casello” come possiamo visualizzarlo? Ce lo descrivi? E’ una costruzione gialla a due piani a ridosso dei binari della linea ferroviaria Milano-Sondrio, in un’area verde a poche centinaia di metri dalla spiaggia di Piona. Quando l’abbiamo acquistato era in stato di abbandono. Mio marito ha mantenuto la pietra delle finestre, il legno delle travi e delle porte, ha ristrutturato vecchi mobili e lampadari.

Se una giornalista di cronaca nera, da dove è nata questa passione? Non è stata una scelta. Quando sono entrata nel mio primo quotidiano, “La Notte”, ho iniziato a occuparmi di cronaca perché era funzionale ai bisogni della redazione. Devo ammettere che avevo un certo talento per quel genere di storie, ma nella mia esperienza professionale mi sono occupata anche d’altro: ho curato la pagina di cultura del giornale, sono stata vice del capocronista, ho gestito per due anni le pagine dei consumi a “Epoca” e sono stata per oltre 10 curatore del rotocalco di Canale 5 “Verissimo”. Certo, la “nera” è nel mio Dna, ma ogni tanto amo cambiare pelle.

Lavorare in Mediaset, a Quarto Grado, ti è stato d’auto per il tuo successo di scrittrice? Se sì, in che modo?Purtroppo non posso definirmi una scrittrice di successo e, come ti dicevo, ho sempre tenuto ben separati i due ambiti.Il mio editore, Sonzogno, non è nemmeno collegato al gruppo editoriale per cui lavoro come giornalista, ma forse qualcuno dei telespettatori del mio programma può aver comprato un mio libro dopo avermi visto lì. Oltre a esserne il caporedattore – il mio primo e più impegnativo incarico nella trasmissione – ho infatti anche un piccolo angolo in cui parlo di un libro giallo a settimana.

Tuo marito legge prima i tuoi romanzi, magari in bozza? Proprio perché riscrivo completamente fino all’ultimo, difficilmente faccio leggere i miei romanzi prima che siano pubblicati. Solo mia mamma e mia sorella Laura insistono a “sorbirsi” le varie stesure. Per inciso, Paolo preferisce i romanzi storici e da tempo mi sprona a scriverne uno. Tra me e Marcello Simoni, non ho dubbi su chi sceglierebbe, come autore.

Nonostante tu abbia un lavoro molto impegnativo, trovi il tempo per incontrare i tuoi lettori? Dove trovi tutte le energie? L’incontro con i lettori è un momento irrinunciabile per me. Anche prima di scrivere, ho sempre amato discutere di libri e il fatto di poter parlare, ora, dei miei mi riempie di gioia. Tra l’altro, spesso i lettori e soprattutto le lettrici hanno punti di vista interessantissimi sulle trame e sui personaggi. Con alcune di loro, che mi seguono dall’inizio, sono diventata amica.

Ci racconti la tua giornata-tipo? La mia giornata tipo è ben poco avventurosa. Mi alzo presto, corro all’alba (non più di tre volte la settimana), sto in ufficio, a Cologno Monzese, fino a sera. Il venerdì finisco di lavorare intorno all’una del mattino. Il sabato o la domenica (o entrambi i giorni) viaggio per presentare i miei romanzi, ma appena posso mi ritaglio un po’ di tempo per stare con Paolo al casello.

Continuerai con le protagoniste della trilogia? Stai già lavorando a un nuovo libro? Quest’estate ho scritto la nuova avventura delle donne del casello ferroviario. Questa volta Libera e Iole indagheranno sullo stesso caso di Vittoria e tra loro ci saranno scintille. E’ un romanzo che comincia, come gli altri, a Milano, in un quartiere cantato da Iannacci, l’Ortica. Credo esca a primavera (aprile o maggio)

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